Dolore buono, contatto e sensibilità

Dolore buono. Contatto e sensibilità

Jessica Basso
Immagine Jessica Basso

Dolore buono. Il corpo c’è.

Non è una novità che da diversi mesi tutti noi stiamo vivendo una situazione nuova e differente da ciò cui eravamo abituati. Lasciando volutamente da parte ogni giudizio in merito, è innegabile che ci stiamo sempre più trovando in contatto con noi stessi, con il nostro corpo, le nostre emozioni e la nostra anima.

E fatica e dolore certo non ci sono stati risparmiati.

Capita spesso che quando qualcuno ci fa un massaggio (fatto bene 😉 ), o anche solo ci tocchi, iniziamo a sentire dolore in luoghi inaspettati del nostro corpo.

Il contatto ci aiuta a ritrovare una sensibilità perduta

Questo accade perché il contatto ci aiuta a ritrovare una sensibilità perduta e a riportare a livello della nostra coscienza un rumore sordo e costante che avevamo smesso di sentire.

Semplificando molto: non è che quel dolore prima non c’era, è che nel costante stato di allerta e stress in cui siamo immersi – nelle nostre continue corse contro il tempo accelerato – il nostro organismo “ha abbassato” il volume di quel disturbo mentre tutto il resto si alzava di tono. E per accorgerci dell’esistenza di quel dolore abbiamo dovuto ritornare a sentirlo.

Penso sempre che una delle cose belle del massaggio è che dopo qualche passaggio quel dolore diventa più tenue e spesso scompare. Precisando che con la parola “dolore” mi riferisco a quello dovuto a contratture, trigger point e affaticamento, questo nuovo tempo che stiamo vivendo ci sta costringendo a rallentare e a ricalibrare per così dire i volumi, permettendoci di sentire ciò che prima restava in sordina. A rivedere la nostra storia che non è solo un elenco di fatti ma il ricordo scritto nel corpo di percezioni e reazioni, consce o inconsce.

Alle volte sentiamo “dolore buono”: ci ricorda che SIAMO nel corpo e che a partire dal corpo e avendone cura possiamo ritornare a stare bene.

Embodiment

Embodiment

The weight of thoughts (Thomas Lerooy)
The weight of thoughts (Thomas Lerooy)

Embodiment è una parola inglese che in italiano può essere tradotta con “incarnazione” o meglio “pensiero incarnato”.

Per me rappresenta l’integrazione, cioè il superamento di una dualità culturale che distingue corpo e mente, spesso ponendoli su due piani di rilevanza differenti in cui la nostra mente predomina su tutto.

Fare esperienza dell’unità attraverso pratiche di embodiment è un po’ come attuare la nostra personale Rivoluzione Copernicana in cui la mente smette di considerarsi al centro di tutto per riscoprire di essere parte di un Sistema complesso di relazioni dinamiche di cui corpo e mente sono elementi.

Avere o Essere

AVERE O ESSERE

Immagine by Saype
Immagine by Saype

Qual è il modo migliore per aiutare le persone a sentire il proprio corpo?

E’ una domanda che mi faccio spesso.

Qual è il modo migliore per accompagnare le persone a scoprire di essere individui unici, organismi composti, complessi ma funzionali, pieni di relazioni, un’orchestra che può riarmonizzarsi da sola quando qualche strumento va fuori accordo, e che è in grado di creare una propria personale melodia ?

Mi rendo perfettamente conto che questa sia una similitudine un po’ scontata. Ma pur nella banalità del confronto, trovo il paragone tra noi e un’orchestra ancora il più immediato e calzante. Gli strumenti, le sezioni, le linee melodiche, le modalità e la velocità, gli spartiti che prendono vita dalle mani dei musicisti, il direttore d’orchestra. Tutti a suonare la stessa sinfonia. Con potenza e dolcezza. C’è sempre un sottofondo di tenerezza quando tanti elementi così diversi partecipano alla stessa opera.

E allo stesso tempo mi rendo perfettamente conto di quanto io possa sembrare un po’ strana (se non peggio) quando propongo alle persone di non pensare a cosa “dover fare” o “dover sentire” ma di lasciarsi andare all’ascolto delle sensazioni corporee senza giudizio o senza intervenire per correggerle, senza pensare subito se ci sia qualcosa che stanno sbagliando. Che è una delle cose più difficili da fare soprattutto se – come capita nella nostra cultura – manca l’abitudine di questo ascolto privo di giudizio.

Tendiamo infatti a considerare il nostro corpo più come uno studente svogliato da spronare e inquadrare che come una parte di noi. Tendiamo a pensare di AVERE un corpo, e non di ESSERE CORPO.

Penso che l’essenza del mio lavoro come operatrice olistica, artista, ricercatrice ed educatrice somatica si fondi proprio sullo stesso principio da cui nasce la mia domanda iniziale: l’accompagnamento verso il ritrovamento della consapevolezza del contatto tra mente e corpo attraverso l’ascolto delle senszioni e poi, la riscoperta di essere corpo.

Che è solo l’inizio di un percorso.

Ma si dice che anche l’Universo sia nato da una scintilla.

Corona (Fase 1)

CORONA (FASE 1)


Questo è un articolo, o meglio una serie di pensieri, scritto qualche mese fa per il collettivo berlinese Andere zustände ermöglichen. Sono stata coinvolta da M. una persona molto cara che collabora con loro e che oltre a farmi un po’ di domande si è anche occupata della traduzione in tedesco. Mi piace molto il nome di questo collettivo che trovo più che mai attuale e visti gli ultimi tempi anche un po’ profetico “immaginarsi altri condizioni da vivere/immaginarsi un altro mondo”.

Ripubblico qui quel che ho scritto nel mese di aprile, rileggendo le mie parole e tralasciando ogni giudizio non posso fare altro che sorridere con la stessa tenerezza che si ha per le cose lontane.

“Se a fine del 2019 qualcuno mi avesse detto che in pochi mesi tutto il mondo si sarebbe fermato per un’epidemia globale, avrei pensato fosse pazzo. Se a fine 2019 qualcuno mi avesse detto che in appena 3 mesi la nostra cultura, la società, l’economia, l’ecologia, le modalità di lavorare, di condividere e di stare insieme sarebbero cambiate radicalmente, gli avrei chiesto di quale serie TV stava parlando.

E invece è realtà. La situazione è questa.

E come tante persone vedo la parte positiva e quella negativa. E come tante persone sono spaventata dal non sapere assolutamente cosa succederà dopo il virus e nel frattempo spero egoisticamente che nessuna delle persone che conosco si ammali. In una sensazione iniziale di irrealtà, la morte per Covid-19 di un lontano parente di mia madre, a Milano, mi ha però sbattuto in faccia che è tutto reale.

Sono fortunata perché vivo in una situazione privilegiata: sto fisicamente bene, per ora non ho problemi economici, ho un piccolo orto sul balcone, non vivo con persone violente, ma abito da sola con un gatto in un appartamento grande in una città, Bologna, che ha un buon sistema sanitario, che però sta collassando: non c’è più posto nelle terapie intensive e gli ospedali stanno valutando se fermare tutte le operazioni chirurgiche, anche per chi deve essere operato di tumore.

Seguendo le indicazioni e i decreti del governo italiano, resto a casa e quando soffro di solitudine chiamo un amico e faccio un video-aperitivo. Santo Internet!

Siamo io e il mio gatto, il mio gatto e io, e dopo un mese di lockdown ancora non ci odiamo. Anche se siamo stanchi di non vedere nessun altro.

Il mio è un lavoro di cura. Lavoro con i corpi delle persone, sono una Holistic Operator e insegno pratiche di movimento consapevole (Postural Gym & Pelvic Gym). Mi manca non solo il mio lavoro, ma il poter avere un contatto diretto, di comunicazione immediata e quindi senza altri media, con le persone. Contatto che non so assolutamente quando potrò riprendere.

In uno stato di assenza si sviluppano altri sensi. Ci restano gli occhi. La possibilità di vedere e farsi vedere e faccio quello che posso fare con i mezzi e le competenze a mia disposizione: ho aperto un canale youtube e con un telefono appoggiato a uno sgabello giro dei video di ginnastica posturale e ginnastica pelvica. É il mio modo per restare vicina alle persone e perché no, acquisire nuove competenze e forse, nel futuro, nuove possibilità. E come me altri miei colleghi continuano a svolgere la propria attività sulla rete.

In un clima di grande incertezza, penso che il governo italiano stia facendo quel che può e se giusto o sbagliato lo scopriremo nei prossimi mesi. Ma la grande spinta, negli anni passati, verso la privatizzazione, anche del sistema sanitario, ha sicuramente indebolito un sistema che ora vive sull’orlo di un collasso.
I problemi c’erano anche prima e la pandemia ha dimostrato quanto decenni di liberismo selvaggio (ed episodi di corruzione) abbiano davvero lasciato il segno. E immagino che anche adesso c’è chi si arricchisce e chi diventa sempre più povero.

In Italia si dice “Del senno di poi son piene le fosse” che vuol dire “it’s easy to be wise after the event”, e quel che resta è nelle mani e nella responsabilità delle persone. Tutti, nessuno escluso. Non solo medici e infermieri.

Qui a Bologna, che è un’isola felice, la comunità cerca di fare rete e da quel che so molte persone soprattutto giovani hanno cominciato a fare del volontariato attivo: portare la spesa a chi non può o non è in grado di uscire di casa, nelle cucine popolari, come operatori telefonici per le persone in difficoltà. Accanto a loro, persone che invece continuano a fregarsene, a trovare ogni scusa per uscire di casa o riversare odio in rete. Quanto le persone e la società saranno cambiate lo scopriremo in futuro.

Lo so: non ho delle critiche più approfondite da fare sul sistema dei media, delle informazioni degli algoritmi di facebook e nemmeno non parole meno banali di “il futuro è incerto per tutti”. Ho solo qualche opinione sulle poche cose che conosco e che sono intorno a me.

Ma una cosa la so: la respirazione è fatta di 3 fasi. Inspiro, espiro e un momento di pausa, in cui tutto il corpo è sospeso. Quella pausa è un profondo atto di fede nel respiro successivo. Vivo in quella fede, sospesa tra quello che era e quello che sarà.”


Qui il link all’articolo con traduzione in tedesco

Uomo. Le cose che abbiamo in comune

UOMO. LE COSE CHE ABBIAMO IN COMUNE


Sportman stretching

Lo sapevate che anche gli uomini hanno un pavimento pelvico ?

Spero proprio di sì.

Se negli ultimi anni fra le donne è aumentata la sensibilità per la propria salute pelvica, nel mondo maschile questo argomento è ancora poco affrontato tanto che mi è capitato di sentirmi chiedere se anche gli uomini abbiano un pavimento pelvico e a cosa gli serva, dal momento che non partoriscono.

Ce l’hanno, eccome!

È una domanda interessante che nasce, a mio avviso, in primo luogo da una scarsità di informazioni di base. Inoltre si tratta di muscoli interni, quindi non direttamente visibili, e collegati alla sfera sessuale, quindi anche a certi tabù culturali. Molto spesso le conoscenze che abbiamo sono scolastiche e rischiamo di restare con le poche nozioni che abbiamo imparato, magari svogliatamente, o con in testa le immagini di tavole anatomiche che danno una visione semplificata e bidimensionale del nostro organismo. Purtroppo molto spesso iniziamo a conoscere le “parti oscure” del nostro corpo quando queste ci fanno male o – peggio – si ammalano, e il dolore diventa stimolo obbligato per saperne di più.

Ma ritorniamo a noi.

Il pavimento pelvico – cioè il gruppo di muscoli che si trova come un tessuto elastico nella parte bassa del bacino – partecipa a numerose e importanti funzioni fisiologiche sia nelle donne che negli uomini, con strutture anatomiche molto simili per entrambi i sessi: sono quindi simili le modalità e le motivazioni per allenare efficacemente il proprio pavimento pelvico.

Restano comuni infatti le sue funzioni principali: sostenere e contenere gli organi addominali, controllare l’espulsione di urina e feci, contribuire alla coordinazione respiratoria, trasmettere il movimento, e prendere parte all’attività sessuale.

Ovviamente ci sono importanti differenze fra i due sessi, collegate alle funzioni sessuali e riproduttive: cambiano le dimensioni e l’inclinazione delle ossa del bacino e gli orifizi.

Per la sua predisposizione al parto, il pavimento pelvico femminile risulta più flessibile, mentre quello maschile tende a perdere flessibilità per l’uso eccessivo della posizione seduta e la mancanza di esercizio.

Questa tendenza ad avere una muscolatura e una struttura articolare irrigidita può portare al dolore pelvico (un disturbo molto comune negli uomini) e, negli anni, a una iperpressione all’interno dell’addome rischiando l’ingrossamento della prostata, organo fondamentale dell’apparato uro-genitale.

Pertanto l’allenamento avrà come obiettivo per gli uomini quello di aumentare la flessibilità, per le donne quello di rafforzarla. (NB. Le informazioni qui riportate sono generiche e ogni persona ha una sua specificità, pertanto la valutazione deve essere individuale.)

L’allenamento pelvico inoltre aiuta a connettere i muscoli addominali e quelli della schiena con la respirazione. Inoltre, in un ritrovato rapporto con il proprio corpo, una maggiore conoscenza e consapevolezza migliorano la vita sessuale. Può essere quindi d’aiuto per chi soffre di eiaculazione precoce o difficoltà nelle erezioni.

Concludendo, molti sono i benefici della ginnastica pelvica anche per l’uomo. In sintesi:contribuisce alla salute e al funzionamento della prostata, diminuendo la pressione addominale che può stimolarne l’ingrossamento

– migliora la postura e i problemi alla schiena

– migliora la circolazione sanguigna

– aumenta la consapevolezza, la percezione e la mobilità della zona pelvica favorendo quindi anche la vita sessuale

Nella canzone di Daniele Silvestri Le cose che abbiamo in comune viene fatto un piccolo elenco: abbiamo due braccia, due mani, due gambe, due piedi, due orecchie ed un solo cervello. Mi prendo la licenza di aggiungerci anche il pavimento pelvico.


*riproduzione consentita con citazione della fonte e rispettandone la forma integra

La goccia che trabocca

LA GOCCIA CHE TRABOCCA


Libera di essere come vuoi tu e sicura di te in ogni momento con una protezione che non si fa notare.

Libertà, sicurezza, protezione.

Queste sono le parole chiave utilizzate nelle pubblicità che sponsorizzano assorbenti per chi soffre d’incontinenza.

Se negli ultimi anni le pubblicità di questi prodotti sono aumentate, è diminuita al contempo l’età delle protagoniste degli spot e quindi del target di riferimento. Questi assorbenti non sono più indirizzati solo a signore di una certa età, ma a donne e uomini molto più giovani, segno evidente – a mio parere – di quanto questo problema sia diffuso e percepito.

Il sito della FINCOPP (Federazione Italiana Incontinenti e  Disfunzioni del Pavimento Pelvico) segnala una stima di circa 5.000.000 (5 milioni!) di persone che soffrono di incontinenza, 60% donne e 40% uomini, con disturbi che variano per entità e gravità: da piccole perdite da sforzo all’incapacità di controllo della vescica.

Sempre sul sito sono riportati i risultati di uno studio inglese del 2005 che stima tale problema nel 27% delle persone tra i 55 e i 64 anni, quasi una persona su 3!

Lasciando da parte le cause che danno origine a questi disturbi, vero è che sono problemi che incidono pesantemente sulla vita delle persone in un’età sicuramente ancora giovane e attiva all’interno della nostra società. L’incontinenza è un problema intimo, spesso fonte di vergogna, imbarazzo e disagio e purtroppo possono passare anche molti anni dai primi episodi (qualche goccia persa in situazioni di sforzo come ridere, tossire, fare sport o sollevare quacosa di pesante) a quando si decide di parlarne al proprio medico o a uno specialista.

E più il tempo passa, più aumenta il rischio di cronicizzare e aggravare la situazione, con difficoltà maggiori nel recupero pieno o parziale della funzionalità degli apparati escretori. Si arriva tardi. Per pudore, perché si sottovaluta il problema e per scarsità di informazioni.

Un pavimento pelvico debole, troppo flaccido o troppo contratto, favorisce l’incontinenza. Infatti una delle sue funzioni principali è quella di collaborare al controllo delle aperture di uretra e retto attraverso i loro sfinteri, oltre a sostenere il peso degli organi interni che rischiano di abbassarsi se non sono ben “tenuti su”.

Assieme a uno stile di vita che favorisca questo processo (modificando cioè le cattivi abitudini che possono indebolire le pelvi, come una vita sedentaria e il perpetuarsi di schemi motori inefficaci), tonificare e rendere più elastici e flessibili i muscoli del pavimento pelvico è fondamentale per mantenere queste funzionalità o per recuperare quelle perdute.

Per fortuna oggi c’è un’attenzione maggiore per questi problemi e non si tende più a sottovalutare la salute del pavimento pelvico. La ginnastica pelvica o la rieducazione perineale vengono infatti consigliate a chi soffre di incontinenza; sia per migliorare il tono della muscolatura (grazie a esercizi di elasticità e rinforzamento) che per incrementare la consapevolezza del proprio corpo, e sono utilizzate anche come pratiche a supporto di eventuali interventi.

Ritornando alle pubblicità, sono sempre stata dell’idea che più si parla di un problema, meglio è.

Aiuta a fare informazione e a dare evidenza e visibilità a un disagio (in questo caso molto comune), aiuta a “normalizzarlo” e ad affrontarlo senza vergogna e più tempestivamente. Ma manca ancora attenzione per la prevenzione.

Ognuno ha il suo mestiere, le aziende producono e i pubblicitari vendono prodotti.

Nei casi di incontinenza, gli assorbenti sono utili e funzionali, ma trovo abbastanza svilente che il messaggio trasmesso sia che la sicurezza di sé debba essere inevitabilmente legata a un acquisto.

Come se gli assorbenti fossero i dispositivi della propria autodeterminazione e la libertà, un tampone.

Mettere una ciotola sotto a un rubinetto che perde è una soluzione momentanea: il rubinetto non aggiustato continuerà a gocciolare.

La libertà è educazione alla prevenzione. E non solo nell’ambito della salute.

Perché Prevenire è meglio che curare.


*riproduzione consentita con citazione della fonte e rispettandone la forma integra